Dagli "animaletti" di Leeuwenhoek al DNA: un viaggio nella storia dell'ereditarietà

La teoria dell’ereditarietà ha una storia che si sviluppa nei secoli, con contributi significativi da diverse figure e scuole di pensiero.

Gregor Mendel

Teorie antiche e pre-mendeliane:

Nell’antichità, figure come Teofrasto, Ippocrate e Aristotele proposero idee sull’ereditarietà, spaziando dal ruolo dei fiori maschili nella maturazione di quelli femminili alla trasmissione di “semi” da varie parti del corpo alla prole.

Nel XVII secolo, Antoni van Leeuwenhoek scoprì gli “animaletti” nello sperma, portando alla speculazione sull’esistenza di un “piccolo uomo” (homunculus) all’interno dello spermatozoo. Ciò diede origine a due scuole di pensiero: gli spermisti, che credevano che la femmina ospitasse solo la crescita dell’homunculus, e gli ovisti, che ritenevano che il futuro uomo risiedesse nell’ovulo materno e che lo sperma stimolasse la sua crescita.

Tra il XVIII e il XIX secolo, la corrente degli ereditaristi propose che il seme derivasse da tutti i distretti del corpo adulto, contenendo particelle capaci di ricostituire l’organismo. Darwin propose la teoria della pangenesi, in cui ogni unità elementare dell’organismo produce gemmule che strutturano una parte analoga dell’organismo durante lo sviluppo.

Nel XIX secolo, Prosper Lucas sottolineò l’ereditarietà come causa principale delle doti fisiche degli individui.

La riscoperta di Mendel e la teoria cromosomica:

Gregor Mendel formulò la teoria dell’ereditarietà l’8 febbraio 1865. Nel 1866, pubblicò i risultati dei suoi esperimenti sull’ibridazione delle piante, gettando le basi per la genetica moderna.

Nel 1900, Carl Correns, Hugo de Vries ed Erich von Tschermak riscoprirono indipendentemente le leggi di Mendel, riconoscendone la paternità delle scoperte.

All’inizio del XX secolo, gli studi citologici chiarirono i meccanismi della fecondazione e della formazione dei gameti. Walter Sutton, nel 1902, ipotizzò che i cromosomi fossero i “contenitori” dei fattori ereditari.

La teoria cromosomica dell’ereditarietà fu sviluppata agli inizi del 1900 da Walter Sutton e Theodor Boveri, grazie al perfezionamento delle tecniche di microscopia. Questa teoria collegava la trasmissione cellulare dei cromosomi al passaggio dei fattori ereditari.

Sviluppi successivi:

Thomas Hunt Morgan e i suoi collaboratori definirono i principi fondamentali della moderna teoria cromosomica dell’ereditarietà, ottenendo la prima mappa cromosomica di una specie vivente, la Drosophila.

La genetica, come scienza dell’eredità e della variabilità biologica, fu chiamata così da W. Bateson nel 1906.

La scoperta della doppia elica del DNA ha permesso di comprendere i meccanismi molecolari dell’ereditarietà

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